Storia

È il 1920 quando Vincenzo Melocchi, commerciante di Pizzoferrato, apre il Gran Caffé Roma con il socio Granchelli. Nel 1922 i teatini Romiti e Caniglia lo rilevano e fino al 1936 ne conservano il nome. Sarà solo con la proclamazione dell’impero fascista, il 9 maggio del 1936, che diventerà Gran Caffè Vittoria. Il”bar dei teatini”da sempre è rimasto sotto i portici del corso con la sua insegna storica e gli arredi d’epoca.

C’è ancora anche quel pianoforte a marca Chopin che riporta al titolo del film di Luciano Odorisio, “Sciopèn”, pellicola d’autore su emozioni, contraddizioni e difetti della provincia italiana, con protagonisti di eccezione come Michele Placido e Giuliana De Sio. Film girato proprio al Vittoria, storico caffé letterario e ritrovo di esponenti del panorama politico e culturale locale.

Sono passati gli anni e sono mutate le abitudini dei teatini. Prima il bar era un luogo di intrattenimento e ritrovo, oggi è una vera e propria azienda al servizio della città e luogo di ristorazione veloce.

Roberto D’Orazio rileva la proprietà del Vittoria nel 1988, dopo che nel 1983 il locale è stato restaurato dai precedenti proprietari, eredi di Raffaele Del Grosso, parrucchiere per signora, e Giuseppe Granata, commerciante di mobili, che l’avevano acquistato nel biennio tra il 1936 e il 1938. I due avevano le botteghe proprio di fronte al Gran Caffè, in quello che era un altro magnifico palazzo del centro cittadino, il Lepri, abbattuto negli anni ’60 per far posto al più moderno e fuori contesto palazzo dell’ex Upim.

Ne è passata di storia cittadina sotto questi portici e davanti ai tavolini di questo caffé del centro. Il vicino teatro ha traghettato qui clienti famosi, come Maria Rosario Omaggio, Enrico Beruschi, Giorgio Albertazzi e Massimo Ghini.

La posizione strategica tra i palazzi del potere politico-amministrativo ha giocato un ruolo fondamentale nell’approdo di Antonio Di Pietro, Gianfranco Fini, Marco Pannella, Nino Sospiri o Vittorio Sgarbi e persino del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.